TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI PALERMO 
                        (III Sezione Penale) 
 
    Il  Tribunale  di  Palermo  in  composizione  monocratica,  nella
persona  della   dott.ssa   Daniela   Vascellaro,   nell'ambito   del
procedimento penale n. 3103/15 R.G.T. a carico di S.P., nato a ...  e
in atti sottoposto alla misura degli arresti domiciliari,  difeso  di
fiducia dagli avvocati Antonino Reina e Marco Lo Giudice del Foro  di
Palermo, nel quale si sono costituiti parti civili: 
    V.S. R. nato a... il... e G.A. nata a... il...  (genitori  di...)
difesi dall'avv. Renato Bocina del Foro di Palermo; 
    V.A. nato a... il... (fratello di V.G. ) difeso  dall'avv.  Ennio
Tinaglia del Foro di Palermo; 
    S.F.  nato  a...  il...  (fidanzato  di  V.G.)  difeso  dall'avv.
Giuseppe Di Cesare del Foro di Palermo; 
    Sentiti il Pubblico Ministero e le Difese delle parti civili; 
    Ha  pronunciato  in  camera  di  consiglio,  sulla  eccezione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 87 comma 3 c.p.p. sollevata dal
difensore dell'imputato per violazione degli articoli  3,  24  e  111
della Costituzione, la seguente ordinanza. 
    S. P. e' stato tratto in arresto in flagranza dei seguenti reati: 
    A) reato p. e p. dall'art. 589 comma 2 c.p. perche',  alla  guida
del  furgone  Fiat  Doblo'  tg....,  per  negligenza,  imprudenza   e
imperizia e in particolare per violazione degli art. 141 commi 1, 2 e
4 C.d.S. e 191 commi 1 e 2 C.d.S., cagionava la morte del pedone V.G. 
    B)  reato  p.  e  p.  dall'art.  189  all'obbligo   di   prestare
assistenza. 
    I suddetti reati sono stati commessi in... alle ore... circa  del
giorno... in via... all'altezza del civico n.... 
    Con aggravio di recidiva reiterata. 
    La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 87 comma  3
c.p.p. per contrasto con gli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione,
e' stata posta dalla difesa dell'imputato alla udienza del  7.8.2015,
in  cui  il  patrono  dello  S.  ha  chiesto  l'ammissione  al   rito
abbreviato, nulla opponendo le parti civili, rito cui  l'imputato  e'
stato ammesso alla medesima udienza. 
    Alla  medesima  udienza  la  difesa  dell'imputato  ha  domandato
altresi' la  citazione  quale  responsabile  civile  della  Cattolica
Assicurazioni Soc. Coop., sulla quale questo Giudice si e' riservato,
senza disporne quindi la  estromissione,  stante  la  pendenza  della
questione di legittimita' costituzionale. 
    Cio' premesso, per quanto  attiene  alla  rilevanza  e  alla  non
manifesta infondatezza della questione di  costituzionalita'  -  gia'
sollevata innanzi alla Consulta,  in  altra  analoga  fattispecie  di
reato, dalla Corte di appello di Milano con ordinanza del 12.5.2014 -
si  deve  considerare  che  l'art.  87  comma  3  c.p.p.,  introdotto
direttamente con il D.P.R. 22 settembre 1988 n. 447  di  approvazione
del codice  di  procedura  penale  e  mai  modificato  o  sostituito,
stabilisce che «l'esclusione  del  responsabile  civile  e'  disposta
senza ritardo, anche  di  ufficio,  quando  il  giudice  accoglie  la
richiesta di giudizio abbreviato». 
    La  disposizione  e'  gia'  stata  esaminata  sia   dalla   Corte
costituzionale che dalla Corte di cassazione. 
    La  Corte  costituzionale,  nella  ordinanza  n.   247   del   21
maggio-luglio   2008,   si   pronunciava   su   una   questione    di
costituzionalita' sollevata dal G.U.P. del Tribunale di Sassari,  che
nella propria ordinanza, in  esito  ad  una  minuziosa  ricostruzione
delle vicende legislative e della giurisprudenza  costituzionale  che
hanno riguardato il rito abbreviato, considerava: 
    che il nuovo rito abbreviato e' radicalmente  diverso  da  quello
previsto dal codice del 1988  e  cio'  soprattutto  a  seguito  della
introduzione ad opera della legge n. 479 del 16 dicembre 1999,  della
facolta' dell'imputato di richiedere un'integrazione probatoria e del
potere del giudice di acquisire tutti gli elementi ritenuti necessari
ai fini della decisione (art. 441 comma 5 c.p.p.); 
    che  il  modello  originario  del  rito  in   questione   risulta
perfettamente  coerente  con  il  disposto  della  norma  oggetto  di
censura, attesa la necessita' di 'non appesantire', con  la  presenza
del  responsabile  civile,  un  giudizio  allo   stato   degli   atti
caratterizzato dalla massima celerita'; tuttavia tale armonia e'  ora
venuta meno ed e' diventata 'contrasto', posto che il nuovo  giudizio
abbreviato, per caratteristiche ed impatto  statistico,  deve  essere
considerato un vero e  proprio  giudizio  di  merito,  alternativo  a
quello ordinario ed attivabile comunque solo da parte dell'imputato; 
    che appare  violato  l'art.  3  Cost.,  sotto  il  profilo  della
'disparita' di trattamento riservata  alla  parte  civile  sul  piano
delle pretese risarcitorie; 
    che appare leso, altresi', in capo alla stessa parte  civile,  il
diritto di agire in giudizio, tutelato dall'art. 24 Cost.; 
    che appare violato, ancora, il principio della durata ragionevole
del processo, sancito dall'art. 111 della Carta; principio  che  deve
essere inteso come garanzia non solo per l'imputato ma per  tutte  le
parti processuali e per la collettivita' in generale. 
    A tali osservazioni si opponevano le difese delle  parti  civili,
che rilevavano come il giudizio abbreviato costituisca ancora oggi  -
dopo le modifiche introdotte dalla legge n. 479 del 1999  -  un  rito
alternativo al dibattimento, connotato da esigenze  di  celerita';  a
fronte  di  queste   ultime   non   sarebbe   dunque   manifestamente
irragionevole la esclusione del responsabile civile,  prevista  dalla
norma  censurata;  che,  per  altro  verso,   tale   esclusione   non
determinerebbe un vulnus al diritto di agire in giudizio della  parte
civile, abilitata a tutelare le proprie ragioni nel giudizio  civile;
che la disciplina censurata non  si  porrebbe  in  contrasto  con  il
principio  della  ragionevole  durata  del  processo,  posto  che  la
esclusione  disposta  all'esito   della   udienza   preliminare   non
ostacolerebbe in alcun modo l'azione nei confronti  del  responsabile
civile, non trovando  applicazione,  in  tale  ipotesi,  il  disposto
dell'art. 75 comma 3 c.p.p.; norma che, in caso  di  esercizio  della
azione civile successivamente alla costituzione della  parte  privata
in sede penale, prevede la sospensione del processo civile fino  alla
definizione di quello penale con sentenza irrevocabile. 
    La  Corte   costituzionale   riteneva   la   questione   proposta
manifestamente  inammissibile  per  difetto   del   requisito   della
rilevanza, considerando: 
    che il giudice a  quo  affermava  espressamente  di  avere,  dopo
l'adozione del rito abbreviato, dichiarato la inammissibilita'  della
richiesta  di  citazione  del  responsabile   civile,   non   essendo
consentita la sua presenza nel processo celebrato  con  le  forme  di
detto rito: cio' sul presupposto che, ai sensi dell'art. 87  comma  3
c.p.p., una volta radicato il rito de  quo,  il  responsabile  civile
debba essere  estromesso  anche  se  gia'  costituito  nella  udienza
preliminare; 
    che pertanto  il  giudice  a  quo  aveva  gia'  fatto  definitiva
applicazione della norma della cui  legittimita'  costituzionale  ora
dubitava, cosi'  consumando  il  proprio  potere  decisorio:  con  la
conseguenza di rendere ininfluente, sotto il profilo della rilevanza,
una eventuale pronuncia di incostituzionalita' della norma stessa. 
    La Corte di cassazione, con sentenza della III sezione penale  n.
5860 del 12 ottobre 2011 (massima 252119), ha ribadito  che  il  rito
abbreviato e'  ontologicamente  incompatibile  con  la  presenza  del
responsabile civile, considerando: 
    che tale conclusione consegue all'esame  dei  lavori  preparatori
del codice di rito, da cui emerge che l'art. 87 c.p.p. comma  3  deve
essere inteso nel senso che la  esclusione  del  responsabile  civile
costituisce atto dovuto del giudice, perche'  e'  finalizzata  a  non
gravare il giudizio stesso, che dovrebbe essere caratterizzato  dalla
massima celerita', della presenza non indispensabile di  soggetti  la
cui posizione e' incisa solo sul piano privatistico  dalla  decisione
penale; 
    che nel giudizio abbreviato la posizione del responsabile  civile
e' evidentemente  analoga  a  quella  che  la  parte  civile  ha  nel
patteggiamento, in cui il giudice (a norma dell'art. 444 c.p.p. comma
2) non decide sulla domanda da quest'ultima proposta; 
    che  sul  piano  sostanziale  della  tutela,  la   mancanza   del
contraddittorio  dibattimentale  su  elementi   indiziari   acquisiti
unilateralmente, rispetto ai quali  il  responsabile  civile  non  ha
alcuna  effettiva  possibilita'  di  replicare,  e'  suscettibile  di
generare una lesione del diritto di difesa del  responsabile  civile,
quale  conseguenza  della  scelta  del  rito  abbreviato   da   parte
dell'imputato. 
    Tanto considerato, ritiene questo Tribunale di  dover  riproporre
le censure di costituzionalita' della disposizione in esame. 
    In ordine alla  rilevanza  della  questione,  questo  Giudice  e'
bensi' vincolato al giudizio abbreviato disposto in primo  grado,  ma
non ha consumato  il  proprio  potere  decisorio  non  avendo  ancora
provveduto alla estromissione del responsabile civile, dubitando anzi
della costituzionalita' della norma che altrimenti, si troverebbe  ad
applicare. La questione di costituzionalita', dunque, mantiene  tutta
la sua rilevanza perche' l'imputato e' ancora in attesa di giudizio e
la questione di costituzionalita' e' stata proposta dalla sua difesa. 
    E' ben vero che, in una remota sentenza, la Corte  di  cassazione
aveva affermato che l'imputato, non essendo legittimato a chiamare in
giudizio il responsabile civile, in quanto non titolare di un diritto
giuridicamente tutelato, non  puo'  opporsi  alla  estromissione  del
detto responsabile dal processo (cosi' Cass. pen. sez.  IV  11  marzo
1994 n. 6904). 
    Va pero' osservato che, quand'anche si voglia considerare che  le
odierne parti civili non hanno chiesto la citazione del  responsabile
civile, rispetto ad esse la posizione del responsabile civile di  cui
la difesa dell'imputato chiede la citazione e'  del  tutto  identica,
trattandosi  della  stessa  compagnia  assicuratrice  della   vettura
condotta  dal  soggetto  imputato  dell'omicidio  colposo  di   V.G.,
rispettivamente figlia, sorella e promessa sposa delle odierne  parti
civili. 
    In ordine alla non manifesta  infondatezza  della  questione,  si
rileva che la disposizione dell'art. 87 comma 3 c.p.p. era del  tutto
logica e coerente con la impostazione del  giudizio  abbreviato  data
dal codice appena nato, che all'art. 438 c.p.p.,  in  tre  brevissimi
commi, consentiva all'imputato  di  chiedere,  con  il  consenso  del
pubblico ministero, che il  processo  fosse  definito  nella  udienza
preliminare,  e  che  all'art.  440  c.p.p.  stabiliva  che  su  tale
richiesta il giudice potesse provvedere favorevolmente, ove ritenesse
il processo definibile allo stato degli atti. 
    Gia' dieci anni dopo, pero', la legge 16  dicembre  1999  n.  479
ridisegnava l'istituto, eliminando il consenso del pubblico ministero
ed  introducendo  la  facolta'  per  l'imputato  di  subordinare   la
richiesta ad una integrazione probatoria  necessaria  ai  fini  della
decisione (art. 438 V comma) e la  possibilita'  per  il  giudice  di
assumere anche di ufficio gli elementi necessari per lo stesso  fine.
(art. 441 V comma c.p.p.). 
    I   numerosi   interventi   del   legislatore   e   della   Corte
costituzionale succedutisi nel tempo portano, oggi,  ad  un  giudizio
abbreviato estremamente diverso e molto  piu'  composito  rispetto  a
quello in origine previsto; fa specie, dunque, e  stride  in  maniera
irragionevole con il sistema nel tempo costruito, la circostanza  che
il responsabile civile continui ad  essere  rigidamente  escluso  una
volta che giudizio abbreviato sia ammesso. E'  significativo  che  la
stessa  dottrina,   nell'interpretare   la   disposizione,   l'avesse
ricondotta alle  esigenze  di  celerita'  proprie  e  caratteristiche
dell'istituto; ma - si ripete - se  cio'  poteva  valere  secondo  la
formulazione originaria del codice di  rito,  non  puo'  piu'  valere
oggi,  quando  le  possibilita'  di   integrazione   probatoria,   di
rinnovazione della richiesta sino alla dichiarazione di apertura  del
dibattimento (come stabilito dalla Corte costituzionale con  sentenza
n. 169 del 23 maggio 2003), di revoca da  parte  dell'imputato  della
originaria richiesta in caso di nuove  contestazioni  (come  disposto
dall'art. 441-bis c.p.p.), nonche' i numerosi interventi sui rigorosi
limiti all'appello previsti dall'art. 443 c.p.p., hanno profondamente
modificato l'istituto. 
    Non puo' peraltro non considerarsi che quando - come nel caso  in
esame  -  la  responsabilita'  civile  deriva   dalla   assicurazione
obbligatoria prevista dalla legge n.  990/1969,  l'assicuratore  puo'
essere citato nel processo penale anche  a  richiesta  dell'imputato:
l'affermazione stata svolta dalla  stessa  Corte  costituzionale  con
sentenza n. 112 del 16 aprile 1998, con la quale e' stata dichiarata,
sul punto, la  illegittimita'  costituzionale  dell'art.  83  c.p.p..
Rilevava allora la Corte costituzionale: "Se e' fuori discussione  la
chiamata  in  garanzia  dell'assicuratore  da  parte  dell'assicurato
convenuto in un  giudizio  civile  per  il  risarcimento.  del  danno
provocato con la circolazione di autoveicoli  sottoposti  alle  norme
della legge per l'assicurazione  obbligatoria  della  responsabilita'
civile, diviene fondato domandarsi perche'  analogo  potere  non  sia
attribuito all'imputato nel processo penale. 
    La posizione del convenuto  chiamato  a  rispondere  del  proprio
fatto illecito in autonomo giudizio civile e quella dell'imputato per
il quale, in relazione allo stesso tipo di  illecito,  vi  sia  stata
costituzione di parte civile del danneggiato nel processo penale sono
assolutamente  identiche:  con  la  conseguenza  che   il   principio
costituzionale di eguaglianza e' violato da un  sistema  come  quello
degli articoli 83 e seguenti del  codice  di  procedura  penale,  per
effetto del quale l'assicuratore, quando sia responsabile  civile  ai
sensi di legge, puo' entrare nel processo solo in forza di  citazione
della parte civile  o  del  pubblico  ministero  (nel  caso  previsto
dall'art. 77 numero 4 c.p.p.)  o  in  forza  del  proprio  intervento
volontario. 
    Ne' si puo' trascurare di considerare che un sistema nel quale il
danneggiato, costituendosi parte civile,  diviene  il  dominus  della
estensione soggettiva degli effetti  civili  della  sentenza  penale,
oltre ad apparire  inadeguato  rispetto  ai  ricordati  strumenti  di
accesso del responsabile civile nel processo penale, risulta ben poco
coerente rispetto al modello prefigurato dall'art. 651 del codice  di
procedura penale in ordine agli effetti di natura  extra  penale  del
giudicato penale, potendo tali effetti realizzarsi nei confronti  del
responsabile civile solo nel caso in cui egli sia stato citato o  sia
intervenuto volontariamente nel processo penale. Cosi' da comprovare,
ancora una volta, la irrazionalita'  di  una  disciplina  legislativa
che, deviando - senza alcun plausibile  motivo  -  dallo  schema  del
rapporto processuale civile, priva l'imputato di ogni possibilita' di
coinvolgere nella pretesa di danno avanzata  dalla  parte  civile  il
civilmente responsabile". 
    Alla   stregua   di    queste    considerazioni,    perfettamente
sovrapponibili alla presente vicenda, si ritiene quindi  rilevante  e
non  manifestamente  infondata  la  questione  di   costituzionalita'
dell'art. 87 comma 3 c.p,p., per contrasto con gli articoli 3,  24  e
111 della Costituzione e per  l'effetto  la  si  rimette  alla  Corte
costituzionale.